Il Maggio Musicale Fiorentino ha messo in scena al Teatro Goldoni, grazioso piccolo teatro all’italiana che possiede nel centro storico di Firenze, La finta semplice, prima opera in italiano di Mozart, dodicenne all’epoca della composizione (1768); una rarità rappresentata molto di rado ovunque e mai prima d’ora al Maggio. Il libretto di Marco Coltellini, che ne rielabora uno attribuito a Carlo Goldoni, scritto nel 1764 per Salvatore Perillo, richiede ben sette coprotagonisti, anche se su tutti prevale Rosina: lei è una “baronessa unghera” che si finge semplice, ovvero ingenua e un po’ tonta, per raggirare Don Cassandro e Don Polidoro, due nobili fratelli, proprietari terrieri piuttosto avari, che ostacolano le nozze della loro sorella Giacinta con Fracasso, fratello di Rosina, capitano delle truppe unghere di stanza nel cremonese (presso i due fratelli), e della loro cameriera Ninetta con Simone, sergente (cioè servitore) di Fracasso. Il piano di Rosina per aiutare le due coppie riuscirà e lei stessa sposerà il maggiore dei fratelli, al termine di un intreccio che prevede molti luoghi comuni della commedia dell’epoca; piuttosto convenzionale è, fondamentalmente, anche la musica (nell’ascoltarla, bisogna sempre ricordare che l’ha scritta un dodicenne, per quanto di genio), sia pure con qualche guizzo che sembra far presagire i futuri capolavori: lo stile galante consisteva d’altronde in un numero non sterminato di formule da accostare o sovrapporre e aveva grande importanza la qualità degli interpreti.
Proprio per questo l’idea di far rappresentare quest’opera senza parti secondarie a un gruppo di giovanissimi artisti provenienti dall’Accademia del Maggio può apparire azzardata, ma i giovani interpreti, trascinati dall’unica professionista con carriera internazionale ben avviata, il bravissimo soprano Benedetta Torre (entrata trionfalmente in scena, cantando, dalla platea), hanno superato la prova, aiutati anche dalla buona acustica del piccolo Teatro Goldoni (che fu inaugurato proprio con un lavoro del grande commediografo, nel 1817).
Benedetta Torre di distingue per la forte personalità, la presenza scenica notevole e una voce gradevole, omogenea e ben timbrata; affronta con disinvoltura le sue quattro arie, due delle quali molto belle, l’incantevole Senti l’eco ove t’aggiri, con oboe obbligato, e Amoretti, che ascosi qui siete. Ottima prova offrono Davide Piva (Simone, basso), dalla bella voce potente e dal fraseggio accurato, e la spagnola Rosalia Cid (Ninetta, soprano), voce chiara e ben governata, che non teme i passaggi più alti della partitura; la coppia di subalterni che impersonano risulta molto divertente, tratteggiata con gran vivacità. Lorenzo Martelli (Don Polidoro, tenore), cui non difettano i mezzi vocali, interpreta il suo personaggio con gusto; il baritono-basso messicano Eduardo Martínez Flores, appena ventenne (e ancora perfezionando all’Accademia), dà la giusta dose di ridicolo al personaggio di Don Cassandro, riuscendo convincente anche nella scena dell’ubriachezza; Luca Bernard (Fracasso, tenore) ha una voce piuttosto chiara, ma ben controllata, e una bella presenza scenica, che non guasta, dovendo interpretare un militare un po’ spaccone; il mezzosoprano Xenia Tziouvaras (Giacinta) offre una prova in crescendo, e alla fine il cast risulta omogeneo e ben assortito. La direzione impressa all’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino (ridotta a 25 elementi) da Theodor Guschlbauer è spedita, benché il Maestro probabilmente non sia nelle migliori condizioni fisiche (dalla mattina seguente si è ritirato per polmonite, sostituito in tutte le repliche da Edoardo Barsotti, che alla prima era al clavicembalo). Molti i tagli, tanto da chiedersi se a uno spettatore non preparato preventivamente almeno dalla lettura del libretto la trama (non solidissima, ben lontana dalla perfezione drammaturgica delle Nozze di Figaro) sia risultata sempre intelligibile. La regista Claudia Blersch forse accentua un po’ troppo, facendone due baristi, il penchant plebeo dei due avari aristocratici latifondisti del libretto originario, ma per fortuna nella scena dell’ubriachezza Don Cassandro si trasforma in un Bacco caravaggesco e recupera un po’ di dignità; i costumi mescolano le epoche, come ormai spesso si vede: quasi tutti in abiti moderni, la sola Rosina, nel cast, indossa abiti settecenteschi come il clavicembalista, collocato a vista sul palco, e i figuranti speciali, fra i quali spicca una bravissima bambina (Lucrezia Vannucci) che impersona Mozart; la carrozza che gli interpreti assemblano nella scena finale dovrebbe essere quella che lo porterà in Italia, poco dopo la prima rappresentazione, nel 1769, di quest’opera dalla genesi tormentata e non del tutto chiara. Anche le scene e i costumi sono stati affidati a giovanissimi, ovvero gli studenti del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, con la guida esperta di Margherita Palli. Vivo successo di pubblico, con molti applausi per tutti.
Rosina : Benedetta Torre
Simone : Davide Piva
Ninetta : Rosalia Cid
Don Polidoro : Lorenzo Martelli
Don Cassandro : Eduardo Martínez Flores
Fracasso : Luca Bernard
Giacinta : Xenia Tziouvaras
Mozart : Lucrezia Vannucci
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, dir. Theodor Guschlbauer
Mise en scène : Claudia Blersch
Décors et costumes : étudiants du BA en Scénographie de la NABA, sous la direction de Margherita Palli
Lumières : Andrea Locorotondo
La finta semplice
Opera buffa en 3 actes K. 51 de Mozart, livret de Marco Cltellini d’après Goldoni, créé à Salzbourg en mai 1769 (?)
Représentation donnée en janvier 2023 au Maggio Musicale Fiorentino (Teatro Goldoni)