OMAGGIO A PACINI : Intervista a Gabriella Minarini

Intervista a Gabriella Minarini
Per celebrare il 229° compleanno di Giovanni Pacini (Catania, 17 febbraio 1796 – Pescia, 6 dicembre 1867) s’è svolta a San Casciano in Val di Pesa (Firenze) una conferenza di Gabriella Minarini su La schiava in Bagdad, opera giovanile del Maestro. In tale occasione, abbiamo posto alla relatrice alcune domande.
Ivonne BEGOTTI : Perché ha deciso di celebrare il 229° compleanno di Giovanni Pacini?
Gabriella MINARINI : Pacini è un compositore che merita di essere ricordato e riscoperto. Personalmente, da quasi sedici anni trascrivo le sue lettere e spero che possa andare presto in stampa il carteggio tra il Maestro e il Gran Teatro la Fenice di Venezia.
I. B. : Come definirebbe la personalità di Pacini, dopo una così lunga frequentazione?
G. M. : Innanzitutto, Giovanni era autenticamente appassionato di musica. Nel 1866, a pochi mesi dalla sua scomparsa, Arthur Pougin ha scritto su Le Ménestrel che tra i più rilevanti musicisti nati sul declinare del Settecento (Carlo Coccia, Gioacchino Rossini, Gaetano Donizetti e Saverio Mercadante), Pacini era l’unico ad essere «encore sur la brèche et ne semble nullement disposé à prendre sa retraite».
Inoltre, era una persona tenace, non si è mai fermato davanti agli ostacoli e, nonostante i problemi in ambito lavorativo e i vari lutti familiari, non si è mai arreso. Infine ha coltivato buoni rapporti con tutti, anche con chi, forse, non se lo meritava.

I. B. : E dal punto di vista musicale?
G. M. : Pacini ha iniziato presto a comporre e a vedere i suoi lavori messi in scena. Nel 1813 ha debuttato con Annetta e Lucindo a Milano; nel 1820, al momento del debutto della Schiava in Bagdad, ne aveva già messi in scena trentaquattro e tutti in teatri di ottimo livello (come la Scala di Milano, la Pergola di Firenze, il San Benedetto di Venezia, il Teatro Grande di Trieste, il San Carlo di Napoli). Nel corso della sua vita ha composto una novantina di opere. Inoltre, era figlio d’arte: suo padre Luigi era un basso buffo di grande successo, sua madre era Isabella Paolillo, ex cantante originaria di Gaeta. Lui era nato a Catania durante una tournée del padre.
I. B. : Oggi è poco noto, ma in vita ha avuto successo?
G. M. : Direi che ha raggiunto un grande successo. Ha vissuto del suo lavoro e tutti i maggiori teatri italiani hanno rappresentato sue opere in prima assoluta. Con il Gran Teatro la Fenice e la Pergola di Firenze, credo sia stato “vero amore”, uno scambio continuo di stima e di sostegno tra lui e chi dirigeva questi Teatri! Nel momento in cui arriva la sua prima, vera depressione, cerca di non piangersi troppo addosso e si volge alla didattica. Sotto la protezione e il consenso del Duca di Lucca, Carlo Lodovico, nel 1835 viene costruito a Viareggio il “Teatro Pacini”, inaugurato lo stesso anno con l’opera del Maestro: Il talismano. Contemporaneamente, nasce anche un liceo musicale, dedicato a Carlo Lodovico. In seguito, nel 1842 il liceo viene trasferito a Lucca e posto sotto la direzione di Pacini. Per alcuni anni vi insegna anche Michele Puccini, padre di Giacomo.

I. B. : Perché, tra tante opere, ha scelto di presentare La schiava in Bagdad?
G. M. : La schiava in Bagdad ci riporta ai colori delle Mille e una Notte. Ha una trama che, anche quando sembra che accada il peggio, si risolve al meglio, con la gioia di tutti! Direi che è un lavoro giusto per questo periodo di Carnevale! Il libretto è scherzoso, accattivante sia per gli adulti che per i giovani. Inoltre, anche se l’opera è andata in scena a Torino, ricorda il periodo napoletano del Maestro, quando lavorava gomito a gomito con Rossini (cui ha dato una mano per finire la Matilde di Shabran), era ospite nella casa di Domenico Barbaja e condivideva il dopo teatro con tanti artisti, tra i quali c’era anche Maria Malibran, che si dice cenasse con un bicchiere di Champagne: una vita bohemienne con il Vesuvio come sfondo.
https://www.youtube.com/watch?v=EOIpBDja6ag
Giovanni Pacini – Ouverture de La Sciava di Bagdad par le Junge Philharmonie Mansfeld-Südharz
I. B. : La sua conferenza è stata introdotta dal Maestro Antonio Bellandi, direttore della Scuola comunale di musica “G. Pacini” di Pescia, che ha portato i saluti dell’Assessore comunale alla Cultura Alina Coraci. Pensa che varie istituzioni potranno collaborare per riscoprire questo musicista?G. M. : Ringrazio moltissimo il Maestro Antonio Bellandi, che stimo e che svolge un intenso lavoro di formazione per i giovani, e l’Assessore alla Cultura e alla Scuola Alina Coraci, che da due anni s’impegna alacremente per promuovere la Cultura nel comune di Pescia. Pacini potrebbe fornire molti stimoli per progetti innovativi, concorsi e spettacoli di vario tipo. Penso che sarebbe fondamentale un’ampia collaborazione tra le varie realtà della città e del territorio. Pescia, come ha ricordato il Maestro Bellandi, grazie a Pacini non ha solo un Fondo Documentale importantissimo, ma ha anche un piccolo museo legato alla sua vita artistica e, anche se spesso non lo vediamo, ha una potenzialità attrattiva per studiosi da tutto il Mondo. Non dimentichiamo che il Maestro Pacini “riposa” in Pescia. Direi: sfruttiamo l’eredità che lui ci ha lasciato!

I. B. : Tra i vari interventi, s’è distinto quello di Augusto Vismara, violinista del “Quartetto di Catania”. La collaborazione potrebbe estendersi fino a Catania?
G. M. : La presenza in sala di Augusto Vismara, musicista conosciuto a livello mondiale (allievo di Piero Farulli, viola del “Quartetto Italiano” e fondatore della Scuola di Musica di Fiesole) è stata per me una bellissima sorpresa ed un grande onore. Conosco e stimo Augusto da tanti anni e quando, alcuni mesi fa, mi ha parlato dell’intenzione di realizzare un cd comprendente il Quartetto n.2 in do maggiore di Giovanni Pacini ne sono stata felice. Come lui stesso ha affermato, oggi la musica strumentale di Pacini è ancora più sconosciuta delle sue opere liriche. Spesso esiste solo in forma manoscritta, conservata nei fondi di archivi e biblioteche, per lo più inesplorata. È lodevole l’intento del “Quartetto di Catania” di riscoprire queste gemme musicali e mi auguro che possano nascere collaborazioni che vadano anche oltre i confini nazionali! Del resto, in altri paesi (come in Bulgaria, per esempio) nei Conservatori ci sono corsi dove si studiano e si eseguono i lavori di Giovanni Pacini. Sembra, purtroppo, che l’Italia sia la più restia nel mondo ad “aprire le porte” alla scoperta di quest’autore.
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